Ditta individuale: apertura, chiusura, fallimento e caratteristiche

Data:

14 Novembre 2022

Tempo di lettura:

4 min

Ditta individuale: apertura, chiusura, fallimento e caratteristiche

L’impresa individuale: cos’è, come funziona e quali sono gli adempimenti richiesti in fase di apertura, chiusura e fallimento

La ditta individuale è la forma giuridica più semplice con cui è possibile fare impresa in Italia: la caratteristica fondamentale dell’impresa individuale è nel ruolo del titolare dell’azienda, che in questo caso è anche l’imprenditore, il prestatore d’opera principale nonché l’unico responsabile della ditta. 

Un’impresa individuale può comunque avvalersi del lavoro di collaboratori o dipendenti, anche nella forma di ditta familiare. Vediamo dunque nel dettaglio quali sono le caratteristiche della ditta individuale e quali sono gli adempimenti previsti in caso di apertura, fallimento o chiusura dell’impresa.

Ditta individuale: cos’è e come funziona

Sono 8,2 milioni le partite IVA esistenti in Italia, e quasi 4 milioni appartengono a persone fisiche, e cioè ditte individuali e lavoratori autonomi (dati Comitas, 2020): la forma dell’impresa individuale, più semplice ed economica rispetto alla costituzione di una società, è una delle più diffuse nel Paese.

D’altro canto, la ditta individuale presenta importanti responsabilità per l’imprenditore, che è tenuto a rispondere a ogni eventuale controversia con la totalità dei propri beni personali. Non ci sono nella ditta individuale una persona fisica e una giuridica: l’unica personalità riconosciuta è quella fisica, che coincide con quella del titolare dell’impresa, unico responsabile degli affari e della gestione dell’azienda.

Ciò non significa che la ditta individuale sia necessariamente unipersonale: possono infatti partecipare alla gestione dell’azienda, in forma di impresa familiare, parenti fino al terzo grado e affini fino al secondo, secondo quanto prescritto dall’articolo 230 bis del Codice Civile. L’ordinamento italiano prevede inoltre la possibilità della società tra coniugi, nel caso in cui i titolari dell’impresa siano uniti in comunione dei beni.

Come aprire una ditta individuale

Per aprire una ditta individuale non è richiesto un capitale sociale: questa è la principale differenza tra ditta individuale e Srl, e uno dei motivi principali per cui spesso si sceglie questo tipo di forma d’impresa. Tutto quello che è necessario fare per costituire una ditta individuale è aprire una partita IVA e registrare l’impresa alla Camera di Commercio e al Registro delle Imprese entro 30 giorni dall’avvio dell’attività.

Nel momento in cui si decide di aprire una partita IVA, è necessario identificare il codice Ateco della ditta individuale, che ne descrive l’attività e in alcuni casi determina anche la tassazione applicata all’impresa. Alla partita IVA può essere associato un nome commerciale, ma nel caso di ditta individuale la sigla o almeno il cognome del titolare dell’azienda devono essere inclusi nella denominazione, o ragione sociale.  

La ragione sociale della ditta individuale, il codice Ateco, l’indirizzo PEC, la sede legale della ditta individuale e altre importanti informazioni sull’impresa così costituita, inclusa l’eventuale presenza di procedure concorsuali, saranno poi consultabili nella visura camerale per ditte individuali, che riporta i dettagli comunicati alla CCIAA.

Prima di avviare l’attività, il titolare è tenuto a scegliere tra la Gestione Commercianti e la Gestione Separata dell’INPS, ed eventualmente esercitare l’opzione per il regime forfettario o dei minimi: i costi di gestione dell’impresa dipenderanno in parte anche da tali scelte preliminari.

Quanto costa una ditta individuale

L’attribuzione della partita IVA, per la ditta individuale come per le altre forme societarie, è gratuita: i primi costi da sostenere per la gestione di una ditta individuale sono legati all’iscrizione annuale alla Camera di Commercio e ai costi di gestione propriamente detti. 

Il regime di tassazione scelto in fase di apertura della Partita IVA può essere un fattore decisivo: se si è scelto di aderire al regime forfettario, per esempio, contributi ed imposta sostitutiva andranno versati a partire dal secondo anno dall’avvio dell’attività ma non sarà possibile dedurre alcuna spesa. Se si opta, al contrario, per il regime ordinario si possono portare in detrazione le spese sostenute per corsi di formazione, strumentazioni tecniche e mediche a fronte del pagamento di IRPEF e IRAP.

I costi per la gestione della ditta individuale dipendono anche dal regime fiscale: nella Gestione Separata commercianti, per esempio, c’è un minimale di circa 3.600 euro annui anche se si fattura zero, mentre nella Gestione Separata professionisti - questa è una delle principali differenze tra ditta individuale e libero professionista - è richiesto un contributo del 26% senza minimale fisso. Quanto ai costi di tenuta, i costi di iscrizione alla Camera di Commercio per la ditta individuale, che includono i diritti camerali e l’imposta di bollo, si aggirano intorno ai 100 euro l’anno.

La PEC per la ditta individuale

Uno dei pochi adempimenti richiesti per aprire una ditta individuale è quello di dotarsi di un indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC): ogni impresa operante in Italia è infatti tenuta alla comunicazione della PEC alla Camera di Commercio, come previsto dall'articolo 37 del Decreto Legge 76/2020, il cosiddetto Decreto Semplificazioni.

Entro il 1 ottobre 2020 tutte le aziende italiane, comprese quelle individuali, devono aver comunicato al Registro delle Imprese il proprio domicilio digitale, ovvero un indirizzo PEC attivo e funzionante. Le sanzioni previste per la mancata comunicazione della PEC vanno, per le ditte individuali, da 30 a 1.548 euro.

Il fallimento di una ditta individuale

Come anticipato, se una ditta individuale incorre in situazioni debitorie, i creditori possono rivalersi sul patrimonio personale del titolare dell’impresa, che non viene distinto da quello aziendale. Per questo motivo è possibile procedere con la chiusura della ditta individuale, e quindi della partita IVA, anche con debiti in essere, in quanto la chiusura della posizione non pregiudica la responsabilità della persona fisica, che resta impegnata a onorare il debito contratto. 

I debiti non vengono cancellati neanche se si decide di passare da ditta individuale a Srl tramite conferimento, poiché anche in quel caso la nuova società risponde dei debiti della precedente impresa - purché questi non abbiano carattere personale. 

Le uniche ditte individuali non soggette al fallimento sono quelle dei piccoli imprenditori, definiti dall’articolo 2083 del Codice Civile come “i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia”. I piccoli imprenditori così intesi, infatti, non hanno l’obbligo di iscriversi al Registro delle Imprese né di redigere un bilancio: la ditta individuale propriamente detta, al contrario, deve tenere le sue scritture contabili.

Chiusura della ditta individuale e trasferimento

La chiusura di un’impresa individuale può avvenire per diverse ragioni: perché l’attività non funziona, per il passaggio da ditta individuale a Srl, tramite successione e donazione - nel caso in cui il titolare venga meno e lasci l’azienda agli eredi. In quest’ultimo caso, la successione della ditta individuale prevede, nel caso in cui gli eredi decidano di proseguire l’attività, la costituzione di questi ultimi in una società di fatto, che va poi regolarizzata entro un anno.

È anche possibile trasferire l’azienda a un altro imprenditore, che ne assume tutti gli asset: nel caso di passaggio di una ditta individuale da padre a figlio, o trasferimento in favore del coniuge, l’imposta di donazione non viene applicata.

 

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